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Infarcisciti la giornata

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Faccio le corna, sono felice: ogni volta che lo dico è un presagio. Vado dalla strizzacervelli (mentre salgo le scale devo applicare con uno schiocco di dita la maschera di bronzo-camuffa-vergogna perché non posso, non devo abbassare gli occhi mentre le spiego, potrebbe capire che sono un’impenitente) a gettare qualche zavorra e poi al lavoro (a mettermi addosso qualche zavorra) e poi mio vedo con lei, si ritorna alla vita, yogurt-al-mirtillo dopo yogurt-al-mirtillo, che simboleggiano i preludi alle buone giornate (il kiwi acerbo significa autocritica, quello succosamente dolce autoindulgenza) ieri è stata la giornata della reazione, sto superando la prova dei postumi,e dei costumi, andare al corso a impaginare le brochures, andare in piscina, muovere le acque sostenute ma docili con gli impulsi adrenalinici che diventano il prolungamento delle mie braccia, le crisi non me le posso più permettere, ho firmato una liberatoria in cui sottoscrivo che alla prossima crisi di tale entità mia mamma sarebbe autorizzata a farmi ricoverare di nuovo in psichiatria. Devo stare bene attenta, e guardinga, frenarmi prima che succeda l’irreparabile, per ora si è concordato di andarci giù di Tavor, se mi parte l’embolo, potrebbe essere il male minore che si risolve in una sana dormita, il terrore di ritornare all’ospedale mi ha fatto smettere definitivamente con l’alcol, e stavo andando a picco, la minaccia potrebbe essere veramente la mia salvezza, non con le cattive ma con la sottile velata insinuazione, funziona, mi sento sempre come chi porta a termine un lavoro cinque minuti prima dello scoccare dell’ora della consegna, un assennato comportamento è il ricomponibile involucro che incarta la libertà. E’ vero in psichiatria sarei paradossalmente più indisturbata, potrei permettermi di esplicare la depressione, non ho vicini ipocondriaci, potrei urlare, fare la pazza tra i pazzi, potrei delegare la totalità delle mie responsabilità, da una parte potrebbe anche essere più semplice, potrei farmi legare quando ho paura di me stessa, ma stare bene sarebbe una costrizione, non una scelta, e sarebbe un grande passo indietro. Dar fuori di matto perché l’amore. Scrivevo che ero felice con lui, faccio le corna (eh fate presto a dire di no che non siete scaramantici), non potrebbe essere più vero oggi, che sono libera, anche da lui.


Archiviato in:Betty, Cinismo pratico, La tentazione di esistere, Ladylazarus, Oziosi pensieri, Prima persona singolare Tagged: corna, donna, dottore, e vero, embolo, faccio, liberatoria, mamma, ospedale, psichiatria, psicologa, ricovero, strizzacervelli, tavor, uomo

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